ALLA RICERCA DEL MIO EVEREST IN SELLA
Abbiamo chiesto ad alcuni atleti, clienti e amici di Effetto Mariposa di raccontarci come vivono la loro passione per bicicletta.
Oggi è il turno di Lorenza Menapace, biker Elite Centro Bike Val di Sole, esperta di Marathon e endurance.
Chiamiamo Lorenza Menapace dopo una lunga giornata di lavoro e ci accoglie con un “pronto?” pacato e accomodante. Si percepisce subito l’equilibrio di quest’atleta trentina, classe 1972, che ha iniziato tardi la carriera da Elite in Mountain Bike, dopo anni di running e sci alpinismo. Lorenza si è imposta con una serie impressionante di vittorie nel mondo marathon -le 24h le ha vinte tutte- e non solo, visto che va forte anche nelle corse a tappe e nel Cross Country. Questo denota una forte preparazione atletica ma soprattutto una condizione mentale invidiabile che Lorenza sembra trasmetterci già dal tono di voce. La ricerca costante del suo limite la porta a cambiare spesso abitudini agonistiche e ad uscire dalla sua comfort zone. Il ritratto che ne esce è quello di un ciclismo intimista, personale, dove la forza del risultato arriva da una determinazione che viene dal profondo.
Lorenza, ultimamente sei più lontana dal mondo delle marathon e stai facendo gare più veloci…
“Sì, perché ho sempre bisogno di forte motivazione… potevo restare nel mondo delle 24h dove ero qualcuno, visto che le ho vinte tutte. Mi è scattato qualcosa all’ultima 24h in Val Rendena: ero prima, stavo girando bene all’una di notte quando, ad un certo punto, ho pensato “cosa sto facendo? Le ho vinte tutte, ne ho fatte una trentina, cosa devo dimostrare e a chi?”. Così mi sono fermata, tra lo stupore di tutti, e ho detto basta, non faccio più 24 ore, ho dato e ricevuto tutto quello che potevo. Ho deciso così di diventare una master nelle gare normali.”
Aldilà della soddisfazione per il risultato, cosa provi nel fare una 24h?
“Non c’è molto divertimento in una 24h, è una sensazione molto diversa. Per me è l’unico momento in cui sono sola con me stessa. Mi parlo, mi incoraggio, sogno di essere in viaggio. Di notte, nel bosco, vedi poco e senti tutti gli odori della natura. A Finale Ligure, ad esempio, ci sono delle spezie profumatissime sul percorso. È come se i sensi diventassero ipersensibili. Qualcuno fa questi voli pindarici sul divano, io pedalando. Sto bene, sorrido da sola, penso ai miei cari, alle esperienze che avrei potuto raccontare loro, soprattutto a mia nonna, che era una mia grande fan e ritagliava tutti gli articoli di giornali su di me. Quando ho finito di parlare a me stessa, ho detto basta.”
Anche se non fai più le 24 ore, le gare a tappe ti piacciono molto.
“Sì, a gennaio sono andata in Cile a fare la Trans Andes in solitaria, contro il parere degli amici e della famiglia, ma io ero decisa e tranquilla. In quella gara ho usato i Tyreinvader: essendo sola dovevo avere la bici in massima sicurezza: avevo già provato i “salsicciotti” ma mi ero trovata malissimo, così non li usavo. Poi mi consigliarono i Tyreinvader di Effetto Mariposa ed è iniziata una sponsorizzazione. Devo dire che mi hanno cambiato la gara: Il terreno era un disastro, i percorsi in Cile sono sporchi e poco curati, non come da noi. Tutti gli altri continuavano a forare a raffica per le sassate che prendevano, io sono stata l’unica che non ha mai forato in tutte le tappe: e, di tappe, ne ho vinte 8 su 8, quindi andavo molto forte senza risparmiare le ruote. Sono anche buoni da guidare, cosa che non pensavo.”
Ti sei sempre focalizzata sull’Endurance o ami fare anche discipline meno impegnative sulla distanza?
“Non appena ho cominciato a fare gare più brevi è stata durissima. Sono andata alla 100km dei Forti molti convinta e sicura di me, pensando che la “Regina delle 24 ore” avrebbe fatto sicuramente bene. Mi sbagliavo completamente: mi sono presa un’ora e mezza dalla prima, è stata una grande umiliazione! (ride). È uno sforzo totalmente diverso, ho dovuto cambiare radicalmente allenamento.
Poi però ce l’ho fatta, sono stata vicecampionessa italiana cross country, ne corro ancora qualcuno. Non vado male nell’XC ma preferisco le gare dove bisogna essere meno esplosivi. Mi piace stare in bici e pensare in sella, la mia forza mentale incide sulle gare di lunghezza.”
Usi spesso metafore spirituali e so che sei credente. Ti ho vista anche correre col Rosario al collo.
“Certo, corro sempre con il rosario e sono molto credente. Ora, a furia di correre con me, quel rosario è un po’ usurato ma resiste. Cerco di avere sempre obiettivi non solo agonistici ma di benessere generale di corpo e mente. Ora, per scelta, visto che non sono più giovanissima, ho deciso di focalizzarmi solo su gare molto importanti: quelle di caratura internazionale e che fanno parte del calendario UCI con punteggi validi per la Coppa del Mondo. Una delle ultime è stata l’Epic Israel, dove ho combattuto con atlete professioniste della nazionale Americana e canadese: dopo la gara tutte partivano per allenamenti pre-olimpici mentre io sono dovuta rientrare al lavoro. Eppure sono arrivata tra le prime 10 ed è stata una grande soddisfazione!
La tua forza sta nel riuscire a competere con atlete professioniste pur facendo una vita “normale”, con un lavoro impiegatizio.
“Lavoro in Comune a Dimaro Folgarida, in Trentino, il ciclismo mi aiuta a spezzare la monotonia dell’ufficio. Spesso mi alleno alle 5 del mattino a digiuno, altrimenti la sera, quando riesco. D’inverno faccio i rulli o sci alpinismo, la mia prima passione. Non mi alleno moltissimo e nemmeno faccio giri lunghi in settimana, pur essendo specializzata nell’endurance. La mia forza sta nel non saltare mai un allenamento e puntare tanto sulla qualità: so quali sono i watt da usare in salita per allenarmi bene. Poi, in gara, riesco ad esprimere molti più watt che in allenamento. Sono avvantaggiata anche perché la vita da atleta mi viene naturale, mi piace stare bene e mangiare sano: non sono fissata ma mi piace sentire il mio corpo che risponde agli stimoli atletici.
Mi trovo spesso a competere con professioniste di ben altro livello: l’anno scorso ho fatto la BMC UCI a tappe. Ho corso contro l’attuale campionessa del mondo di ciclocross, Ceylin Alvarado. Mi faceva strano correre in un ambiente dove c’erano atlete del genere e, tra i maschi, Mathieu van der Poel. Eppure sono arrivata settima. Non vinco più tanto come una volta, certo, ma per me è più importante arrivare nella top ten di gare del genere piuttosto che ottenere le stesse vittorie nelle gare che ho già dominato.”
Hai una carriera atipica per un’atleta elite: sei arrivata tardi alla bicicletta, dopo anni di corsa e sulla neve…
“Ho iniziato con la corsa in montagna e lo sci alpinismo. Poi ho cominciato ad avere problemi alle ginocchia e alle caviglie, così il medico mi consigliò la bici. Non mi piaceva la bici, non ce l’avevo neanche. Così comprai una MTB entry level da 800 euro e mi sembrava avesse un prezzo folle: sai quante scarpe da running ci compri con quella cifra! Ricordo i primi due mesi in sella: volevo buttare la bici al centro raccolta materiali, giuro! Se ero molto forte a correre, a pedalare su una bici rischiavo la sincope. Piano piano è venuto fuori il “motore” e, da lì, anche la mia passione. Con 1000 km nelle gambe ho fatto la mia prima 24h in solitaria: salii sul podio. Copiavo le atlete più forti nelle soste, era un metodo rudimentale ma mi ha permesso di fare pochi errori mentre ero ancora inesperta. Le sensazioni erano tremende, stavo malissimo ma non ho mollato. Quando ho finito, mi hanno dovuto sfilare la bici di dosso, ero letteralmente pietrificata sulla bici.”
Aldilà del “motore”, che è notoriamente ottimo, con la guida come hai imparato?
“Finché guidavo soprattutto le 24h nella guida ero una ciofeca, una cosa vergognosa! Devo ringraziare tre professionisti se ho imparato a guidare: Paolo Alberati, che è anche il mio preparatore, Martino Fruet e Marco Bui. Uscivo con loro ad allenarmi e mi dicevano di seguire le loro traiettorie. Poi, durante una TransAlp con un’amica molto forte in discesa, ho fatto il salto di qualità. Quando impari a visualizzare la traiettoria pulita riesci a lasciare i freni.
Ora sono direttore sportivo di secondo livello per hobby e alleno i ragazzi dai 9 ai 12 anni. Li sfido in surplace e li batto sempre!”
Sembra quasi che per te, la forza agonistica sia una causa del tuo benessere sulla sella…
“È così, la bici per me è terapia. Sono fortunata perché vivo ai piedi del Brenta e i miei luoghi di allenamento sono paradisiaci: Val di Sole, Adamello, Brenta. Dopo solo 10 minuti in giro per queste valli l’umore ti cambia e cominci a sorridere. Poi, oltre quello scatta, la sfida. Io ho questa continua necessità di trovare nuovi stimoli per capire dov’è il mio Everest. Non credo sia egocentrismo, lo faccio proprio per star bene. Perché quando io raggiungo il mio Everest, è come se ricevessi una bolla di luce dentro.”
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